Prima premessa: la cosa meravigliosa dei negozi di dischi è che per conoscerne il contenuto non è strettamente necessario leggere i risvolti di copertina come si fa per un libro: spesso il contenuto dei dischi si può ascoltare da apposite macchine appesi ai muri, o nei casi più raffinati, vicino alle casse viene esposto il disco che sta passando nel lettore in quel momento; in ogni caso, è sempre possibile chiedere ai commessi.
Seconda premessa: ho sempre amato ciondolare dentro le grandi librerie e nei grandi negozi di dischi e quando i negozi Ricordi Mediastore o le Messaggerie Musicali furono inglobati rispettivamente da Feltrinelli e Mondadori per creare catene di negozi in cui si vendeva di tutto, raggiunsi il mio nirvana spendaccione. Ho passato ore, letteralmente, dentro quei negozi, all’uscita dell’ufficio, godendo solo dello sfogliare libri o dischi dagli scaffali.
Queste due premesse sono doverose per spiegare come sono arrivato a conoscenza dell’album che contiene il brano di cui voglio parlare in questo articolo.
Ero intento nel ciondolamento sintetizzato nella seconda premessa, intento nel frugare tra gli scaffali del negozio Ricordi-Feltrinelli di via del Corso (quello vicino piazza del Popolo, specializzato in audio, video e strumenti musicali: niente libri, a differenza del mega negozio della galleria Alberto Sordi, un po’ più avanti) e mentre vagavo alla ricerca di un disco dei Nonsoché (gruppo di cui ho centinaia di album, peraltro), veniva passato nel sistema di diffusione un brano a me ignoto ma che solleticava le mie corde di amante del blues: c’era una bella melodia, un’ottima chitarra e una voce scartavetrata il giusto, tanto da sembrare uno Stevie Ray Vaughan con il Benagol in bocca. Vado alla cassa, nessun disco esposto: chiedo ad uno dei commessi che mi guarda con la stessa intensità con cui una mucca guarda passare un treno (cit. Stefano Benni, “Saltatempo”), poi chiedo al capo reparto che parte a razzo verso la console, da cui estrae e mi riporta raggiante un cd grigio senza alcuna indicazione scritta sopra. Alla mia richiesta di chi fosse quel cd nessun sa rispondere, visto che il contenitore non si trova più: folgorato da una intuizione tecnologica, costringo il caporeparto a mettere il cd in un computer, aprire Windows Media Player e far riconoscere il cd mediante il servizio Gracenote, che si scarica da internet i possibili titoli corrispondenti ad un elenco di canzoni di una certa durata. Emerge che il disco si intitola “Continuum” ed è di un certo John Mayer, nome che non mi suona nuovo ma che non associo a nulla di musicale.
Decido di acquistare il cd, a mio avviso il brano merita davvero:
La soddisfazione di aver superato in intraprendenza di vendita un caporeparto di un media store di tutto rispetto mi fa tornare a casa molto più contento, riesco persino a ricordare dove avessi sentito quel nome (una notizia di gossip in cui si citava John Mayer come il possibile consolatore di Jennifer Aniston dall’abbandono di Brad Pitt, addirittura!): ma la vera sospesa è stato ascoltare tutto il cd.
Erano oramai anni che dovevo scovare un chitarrista dotato di una buona vena blues e in grado di scrivere canzoni se non eccellenti almeno gradevoli: l’album ne contiene dodici, tra cui la cover della hendrixiana “Axis: Bold As Love”, tanto per marcare il territorio chitarristico. Ma il brano migliore è la terza traccia, “Belief”, un bel brano rock vagamente blueseggiante con un eccellente assolo di chitarra. Potete trovare su youtube una miriade di esibizioni dal vivo del giovinotto di bell’aspetto, la cui voce non sarà quella del povero Stevie Ray Vaughan, ma il video migliore che potete trovare di questa canzone è il seguente, seppur leggermente diversa da quella presente sul disco:
Ho poi integrato la discografia del buon giovinotto con gli altri suoi dischi, che però non sono a mio avviso all’altezza di questo; tra i brani degli altri album, da segnalare questa qui (in versione live, anche questa):
Buon ascolto.